Giovane, scattante maestrina,
salgo le scale d’ ufficio
ed ecco, ti vedo, giovane avvocato.
Indossi fine camicia
appena sbottonata
sul villoso petto.
Attento, premuroso,
con virile portamento
distribuisci carte protocollate
al femminile mondo della scuola.
Distratta prendo il mio foglio numerato,
affascinata osservo
il tuo azzurro sguardo
che, incauto, incrocia il mio
e vi si ferma complice
in lunga sintonia.
Mi martella dentro
un confuso turbinio di vita.
Scendo, ansante di gioia,
le antiche scale.
E il sogno nasce
leggero, leggiadro,
quale improvviso sussulto d’ amore.
Oggi, già ricca di anni e di fatiche
salgo scale di chiesa.
Mi precede una vecchia coppia,
che avanza lenta, mano nella mano.
Un amico ti chiama,
con antico titolo e cognome,
incauto ti giri;
mentre io ti guardo,
attenta e delusa,
freme il mio cuore
nel vedere l’ offesa
che il tempo ti ha arrecato.
Vorrei restituirti ora
il sorriso
che un ieri lontano mi hai donato,
ma non oso.