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on the road again
passeggio su cupo e duro suolo
già mille volte calpestato,
reso ancor più tetro ed opaco
da suole che incuranti negli anni
l'han deformato e sbriciolato.
in questi giorni dal cielo grigio
a Venezia
non serve vedere il cielo specchiato
nelle verdi maree...
si può scorgere anche nelle sue
esangui pietre.
gli occhi bassi e spenti
son smarriti
nel seguire
le nuvolose incisioni
che segnano questo suolo
incolore
come fossero crepe
di terreno arido e riarso.
forse per non vedere
basterebbe qualche
frase di circostanza
e qualche sorriso gettato qua e là...
come semi che non fioriranno.
pare catene d'avorio
mi leghino
a questo luogo incantato.
se scappassi anche io
forse
passerei la vita
a sognarti, Venezia.
come le stelle coperte:
luminose ed irraggiungibili.
esitazione.
la canzone che con dolcezza m’accompagna
porta la data 1968 ed anche mia madre
era troppo piccola per ricordarsela.
cosa c’è di dolce in questo quinto di secolo?
consapevolezza, che le mie pelli piano si sfalderanno
e la mia mente si logorerà?
basta una sola nuvola a regalare
insostituibili momenti di liquida gioia,
tra le tonnellate di solida banalità.
le mie biglie di vetro le ho lanciate…
per sentire il rumore che facevano nello sbattere
contro un parapetto metallico…
ma quello gradualmente s’allontana.
e la strada che ad un primo occhio pareva
semplicemente praticabile
s’inoltra in un ignoto e complicato labirinto di tenebre,
dove non vedo e non mi fido.
con l’estate piano
la mia pelle s’abbronzerà
e forse riuscirò a confondermi nella notte.
in una città che da viva
e piena di persone,
che si agitano
frenetiche ed in modo casuale,
era calata la notte e tutto
era diventato piatto e desolato.
io lo preferivo,
tutto era prevedibile e
sotto il mio controllo,
se da lontano arrivavano
voci degli ultimi ubriachi,
io potevo nascondermi in una calle
prima che sbucassero.
come un fantasma..
io avrei visto loro,
ma loro non avrebbero potuto vedere me.
mi sentivo la regina della notte
ed avrei voluto essere anche io
come i gabbiani con le prime luci,
sopra la punta dei più alti edifici,
stavano a gracchiare
con tutta la loro voce
per svegliare
chi ha il sonno leggero
e poi in una dolce fuga,
addormentarmi,
con le prime luci.
in modo da far scivolare tutto
l'amaro nel passato.
forse è meglio che il ritorno
sia in una bella barca
con il vento che scompiglia i capelli
tra le piccole onde che s’increspano
l’una con l’altra.
ed i riflessi delle case
specchiate al contrario
e deformate
dalle nostre onde.
Così potrò distrarmi solo un attimo
da tutto quel grigio sentore.
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