Margot l'ho conosciuta
sul metrò.
Era di giugno,
tanto tempo fa.
Andavo da l'Etoille
a Montparnasse.
Aveva gli occhi svegli
di Lolita,
la malizia innata,
già da donna
e un corpo acerbo,
coperto
da un vestito di chiffon,
lungo,
dai colori accesi.
Un nastrino rosso
le teneva
vaporosi riccioli neri.
A piedi scalzi,
come Sylvie Vartan.
Sospinta dalla folla
pareva una farfalla.
Perdòn mi disse,
quando mi schiacciò
alla parete in ferro
del metrò.
Fissandomi,
con sguardo un po arrogante,
Monsieur questa è Parigi,
perdòn e si va avanti.
Due seni duri
pressati sul mio petto,
l'odore di freschezza che emanava,
il pube che strusciava
sulla coscia,
svegliarono d'incanto
il mio... pudore,
che levitò possente.
Un fremito di colpo
attraversò
lo sguardo
un po arrogante di Margot.
Mostrò cinquanta denti
in un falso sorriso,
e tutta rossa in viso:
Monsieur?
Perdòn Madamoseille,
je suis Italiano,
se ci toccano il... pudore,
Noi... levitiamo.