Quale vantaggio avrà l’uomo se guadagnerà
il mondo intero e poi perderà la propria anima?
(Mt 16, 26)
La ricerca dell’infinito depone
nel cuore dell’uomo desideri di vita
e di pienezza, quando è lecito sognare;
speranze e delusioni si intrecciano sempre.
La vita, si pensa, deve essere vissuta bene,
segnata dal godimento pieno,
dilatata verso il successo e la felicità,
continuano tutti a dire, se no che vita è?
Ricerca di ideali umani, civiltà tramontate,
terrene concezioni di prosperità, senza
successo, filosofie spicciole dello ‘starbene’
premono dentro ciascuno di noi.
Mi faccio l’idea che diventa ossessione:
tutto deve essere guadagnato col sudore!
Nessuno ti regala qualcosa, non aspettare
manne celesti che piovono dall’alto.
Guadagnare il mondo è possedere
ciò che mi è dovuto, perché tutto è mio,
frutto delle fatiche di una vita;
non esiste il dono ma il compenso.
Tutto incomincia dall’inizio:
perché vivo? Dipende dal fine
che mi inculcano al mio nascere.
Da dove vengo e dove vado?
Ma allora per chi vivo io? A chi
offro il mio esistere e operare?
Lo spirito che porto dentro di me
si chiama soffio vitale ed eterno.
Sento dentro di me un fuoco acceso,
l’alito di colui che mi ha creato;
sono venuto nel mondo, piccola creatura
ma chiamato da sempre per l’eterno.
Soffro le doglie del parto, per generare,
nascosto nell’intimo, l’uomo celeste;
pur camminando nel mondo,
accanto a un popolo di senza speranza.
Mi serve una coscienza nuova,
una mente capace di accogliere l’infinito,
mani che operano per il futuro e un cuore
che sa amare Dio, sopra se stesso.
Non guadagno, ma dono di grazia,
vita che fiorisce da sola dentro di me
perché è il germe del Vivente
che oltrepassa per me la morte.
31, viii, 2008