Folle: io vagai per strade notturne.
Folle, mollai le redini al pensiero
e m’imbarcai su smarrite liburne:
persi la luce e sprofondai nel nero.
E lì, il nulla s’impadronì di me,
lì, dove volontà sfuma in miraggio,
lì, dove il vuoto è l’unico archè,
abbandonai il Sole ed il suo raggio.
Senza timone avanzò la liburna,
si consegnò mesta ai gorghi ed al caos
ed io no, non schiusi la muta urna,
accesso non vi fu per me nel naos;
Mai la vedrò io: la statua del Dio?
Sempre celata sarà quella riva?
Contro corrente sale nave il rio,
lungo la costa che d’ormeggi è priva.
Tempo: che di speranza è custode
ode quest’ode e tace, tace, tace…
E nel silenzio o il proposito è prode
o dentro il vizio l’io pavido giace.
Dall’alta poppa: mi tuffai in mare
E poi nuotai, nuotai, nuotai,
ma le mie luci stetter fioche e rare,
ed una voce disse: mai, mai,
mai verrai lì, dove è gloria l’archè,
mai avrai forza per essere libero.
E allora io con rabbia urlai “Perché?”
ed in bonaccia oggi attendo sul sughero.