Celo la mia anima dietro un velo scuro
cinerea veste d’un gladiator cortese
da tempo immemore alla pugna fè lo giuro
ormai senza nemmeno più pretese
combattente di antica data
dedito ad un agire nobile e pulito
quando principia l’opra per l’amata
in un agone sempre più gremito
struggesi l’anima ad ogni alba creata
tra tocchi e finte dell’amorosa preda
cede la vita sua finché, dannata
ei vede rintoccare l’ora ormai tarda
da immani fatiche raramente posa,
o mente sua solleva dall’affanno,
é solo il corpo che, penoso, si riposa
veloce a sollevarsi al suo infido cenno.
Sovente gabbato da virtute ingannatrice,
promessa fedele e casta amante,
ella di beltà fece unica prece
ma di onestà e di rispetto, assente
più che da rivali, ormai sconfitto
da sé medesimo, rinunciatario
all’adocchiar dell’altrui gesto abietto
da veloce trasformista, ovverosia falsario
degli antichi valor umana gente, scarna
capace di mutare all’improvviso, astuto,
nome, casacca e poi giberna,
per una notte in altro corpo aver vissuto
lasciando ai margini della lor strada
rispetto, onestà, amore e comprensione
e al passar del gladiator, sua spada
crolla, risonando, a siffatta aberrazione
e che dire della preda tanto ambita,
adesso più che preda è cacciatrice
maestra di amorosa sua partita
e di illuse vite, ammaestratrice.
Al volgere del sole in Ade, stanco
egli rimira il campo di battaglia
nell’anima marchia un altro ammanco
ormai senza più nemmeno maraviglia
dopo la pugna il gladiator si chiede, recluso
e di cotanta speme oggi che resta?
da intenso amore e d’illusione illuso
le orme tue, solitario, osservo da chiusa mia finestra