Vedevo piangere mia madre e le mie zie
La gente s’univa al dolore della famiglia
E come un unico essere dolente e silenzioso
Ci avviavamo verso il cimitero.
Zio non piangeva perché piangeva nel cuore.
nel cuore tempeste di parole non dette e che non potranno essere dette mai più
gesti inevasi
il dolore dipinto sui volti dall’abbandono
la marcia funebre fino all’estrema ed ultima culla dell’uomo.
Mio fratello precedette il corteo in macchina con papà.
Io seguii da vicino la bara
immergendomi nell’essere di dolore
che ci univa tutti.
Non ricordo la strada percorsa, solo l’entrata del cimitero e il loculo,
come se lo spazio si fosse contratto, fondendo partenza e destinazione;
ricordo il momento della muratura della cassa,
l’istante in cui le mani chiudevano la luce alla bara,
ricordo il muro salire oltre i sensi, oltre le nuvole e le stelle,
a separarci da nonno.
Nella bara non c’è mio nonno, c’è solo un involucro
che l’ha rappresentato; mio nonno è dentro quel essere dolente,
nato da noi tutti, è lì a sussurrare al cuore:
basta ascoltarlo.