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SIGNOR CAPITANO (DEDICATA A TUTTI I MOLDAVI)
Ci sono poesie che hanno bisogno, a mio avviso di essere in qualche modo spiegate perché le si possa capire fino in fondo, e io credo che questa sia una di quelle, ed è questo il motivo di questa introduzione.
Sono reduce da un viaggio in Moldavia, paese di cittadini di serie B, paese di gente fiera che crede nel lavoro, nella famiglia, nelle tradizioni, e che cerca nell'Italia e nell'Occidente l'unica alternativa ad una vita spesso di miseria senza via di scampo.
Ancora oggi i moldavi sono costretti a lunghi viaggi della speranza fino all'ambasciata italiana di Bucarest, sobbarcandosi centinaia di chilometri per poter ottenere un visto per entrare in Italia. Spesso manca una virgola su un documento e così i viaggi diventano due, poi tre, poi quattro, e così via.
Sono stato uno di loro per alcuni giorni: ho visto le file, ho patito il freddo, ho visto come vengono trattate queste persone, e ho deciso di denunciare tutto questo.
Dietro sportelli con vetri robusti ci sono "funzionari" che decidono della sorte di questi esseri umani senza diritti, ed è rivolgendomi a loro, a queste persone che hanno in mano la vita di altre persone che ho scritto questa poesia.
"Tu che chiuso al caldo nel tuo guscio
emetti sentenze, esprimi pareri,
lotti con la speranza di chi non vuole morire,
giochi con la vita di persone senza futuro,
tu che col tuo vestito nuovo
e la tua cravatta colorata
vedi sfilare ogni giorno centinaia di persone
vestite dei panni della rassegnazione,
tu, signor capitano, esci dal tuo guscio,
guarda per la strada i volti assonnati
da notti insonni passate nel viaggio,
guarda gli occhi tristi dei bambini
mano nella mano ai loro genitori,
guarda la fila di umanità disperata
che chiede un lasciapassare per
la luce flebile del purgatorio,
senti in strada il freddo penetrarti nelle ossa
nell'attesa della sentenza che darai.
Tu che vivi in una casa con tre bagni
per tre persone, prova a vivere in
una casa con tre bagni per cinquanta
persone, prova a mettere le tue scarpe
sui pavimenti sconnessi bagnati di urina
e di merda, prova a stare in una sola stanza
senza riscaldamento e senza acqua,
prova a sentirti parte di questa gente
che chiede solo di poter vivere,
prova a cercare di capire perché anche
la flebile luce del purgatorio è pur sempre
meglio delle scure tenebre dell'inferno.
Signor capitano, ho visto piangere una ragazza
disperata perché le hai scritto "visto negato",
ho visto piangere una bambina perché aveva
freddo nella strada, ho visto gli occhi lucidi di
un uomo grande e grosso che pensava alla sua
triste vita, ho visto la felicità negli occhi di chi
aveva sul passaporto "visto concesso".
L'Italia non è il miraggio, l'Italia non è il paese
dei balocchi, ma il paese del lavoro, della
sofferenza, spesso del distacco dai figli, dalla
famiglia, dalla propria terra, ma la flebile luce
del purgatorio è pur sempre meglio
delle scure tenebre dell'inferno.
Chiudi gli occhi, signor capitano,
chiudi gli occhi e sogna anche tu
un mondo senza visti, senza frontiere,
un mondo dove tutti sono cittadini alla pari,
dove non ci sono più file,
dove tutti hanno il loro bagno,
un mondo dove non c'è solo urina e merda,
miseria e rabbia, violenza e sopraffazione,
ma anche fiori e colori, gioia e sorriso,
pace e fraternità.
Chiudi gli occhi, e scrivi sui passaporti:
"concedo il visto a tutti, perché tutti
hanno diritto alla speranza", e da lassù
qualcuno ti dirà: "benvenuto in paradiso,
signor capitano".
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