Sto da ore stesa sul mio letto,
la testa sprofonda nel cuscino,
mentre piango, lo stringo,
come se potessi aver
un abbraccio sincero mai provato.
Il ricordo della precedente notte
divora la mia mente stanca:
ero sola, tornavo a casa,
notte senza luna, imminenti eventi nefasti.
Ed eccolo li, che si mostra
il mio carnefice con sembianze umane,
mi afferra con forza, non riesco a scappare,
le sue grandi mani indagano il mio corpo,
mi sbatte al muro,
inizia ad abusar di me:
uno, due, tre, quattro volte,
come se la sua fame limite non avesse!
Cosa fare ora?
Urlare non posso,
un coltello contro la mia gola premuto.
Scappare forse?
Come potrei sono piccola e minuta.
Cerco di non pensare,
penso al bello della vita,
come se l’anima non fosse in questo corpo,
come se non provassi questo dolore,
ma il dolore è vivo,
il dolore mi appartiene.
Sento la violenza del mostro dentro me,
non voglio piangere,
non avrà questa soddisfazione,
sono piccola ma sono forte,
non mi piegherò al suo malsano amore.
E dopo poco tutto tacque,
nel nulla ritornò, senza far rumore,
non seppi neanche il suo viso,
non conobbi mai l’infernale creatura.
Ora son qui
su questo letto di dolore,
bevo le mie lacrime,
oh come vorrei che mi soffocassero!
Vorrei fermare questo pianto,
ma non ci riesco.
Poi ad un tratto
nessun tremore, nessuna esitazione,
come se non vedessi buio,
tutto chiaro mi è ora.
Apro la finestra,
davanti a me cinque piani, poi il vuoto,
sono sicura di ciò da fare,
sono sporca, è tempo di pulir le mie ferite.
Chiudo gli occhi,
apro le braccia,
un piccolo salto,
non sento nessun rumore.
Come era bella la vita,
ma la vita mi è sfuggita
proprio quando credevo di tenerla
stretta come un fiore tra le mani.
Nel secondo prima della caduta
penso a tutto ciò che sarei
potuta essere e non sarò più,
ormai è tardi!
In quell’attimo apro le mie ali,
ora sono davvero una farfalla
e questo è il mio ultimo volo.