La crosta di zucchero a velo
leccata dall’ingordo tepor dei camini
sbava dall’orlo dei tetti.
Al freddo le panchine,
su vuoti e candidi guanciali,
congelano sogni.
Nessuno osa varcare il gioco dei bimbi
che in mezzo ai respiri,
sbriciola sui volti
palle di fresco buonumore.
Più discosti si fermano dei passi,
cadono dentro impronte vuote
e anelano nuovo candore,
ma altri, pare vogliano fuggire
sì da smarrire il proprio cammino.
Cala il crepuscolo
che fomenta nuovo stupore.
Occhi di luce, fissi mirano il fuori;
e attendono.
Attendono e,
inaspettatamente,
il silenzio ancora cade.