Così mi accosto a te,
in balia delle note, in un intimo tango.
Le corde del violino mi stringono a te
con suppliche struggenti.
Il tormento d’amarti mi stringe, mi solleva
e sulla punta dei miei piedi,
io perdo il fiato.
Accosto il mio viso al tuo,
svelando la mia brama,
di un unico respiro, respiriamo.
In un solo corpo danziamo,
amandoci o no,
nell’abbraccio di una fulminea passione.
Poi, d’improvviso,
un fuggevole indugio,
appena il tempo di scrutarti dentro,
nell’anima.
Un attimo,
per rapir quel tuo piglio confuso
tra la mia indomabile euforia.
Un dolce abbandonarsi per la follia di stringersi,
ancora, ancora, ancora,
fino all’ultimo sussurro dell’ardore.
Così mi scosto da te,
con l’angoscia d’ allontanarmi troppo
ma, il mio corpo freme nell’assenza del tuo.
Ora, mi pare impassibile il tuo senso
sì che questo timore mi squarcia dentro
e ti supplico, avvinta ai tuoi piedi,
come se da umile il tuo cuore meglio mi possa ascoltare.
Si sciolgono le corde del violino risucchiati dalla fine e,
questo silenzio di continuo mi seduce,
suda il mio petto, suda,
ora, tutto il mio corpo, di me non ha più onore.
“Prendimi” ti grido, ma tu ormai…
Sei già lontano!