Nel fondo di giorni tutti uguali
trovo sempre le stesse cose,
ancorate con rabbia,
calamitate allo stomaco,
bramose di luce.
Mai che una novità,
sia pure brutale,
tenti di farsi largo.
È come un baule sigillato
che lascia uscire un oggetto per volta,
vetri bisunti,
stiracchiate armonie,
inespressivi sorrisi,
mani screpolate
e derise dal vento.
Il fondo dei miei giorni è come
un distributore automatico di lattine
-insert coin
ritirare il prodotto-
33 cl di istantanea felicità.
È come un treno fermo in stazione,
fra un filo di nebbia
e una patina di gelo
illuminata per sbaglio.
Niente arrivi,
nessuna partenza,
solo una cruda staticità,
irrisoria ed oscena.
Una staticità che stanca,
stucchevole nella sua nullità,
quieta.
Laggiù in fondo si nasconde
la bugia,
lo sporco,
si nascondono
le ore passate a cercare una scappatoia
dal vivere,
i minuti contati,
le meteore comparse fra lampi di festa
e poi morte,
inghiottite dal buio in una scia di profumo dolce.
Restano i ricordi,
le speranze,
la musica e gli spettacoli di varietà,
le donne le parole
e forse anche qualcos’altro
che non riesco a vedere.
Potrebbe bastarmi,
oppure potrei mettere un’altra moneta.