È così, è sotto le mura della nostra urbe
che si deciderà il nostro fato.
La Superba l’è come Una bella donna,
che della tua vita prende il core.
Ch’entro essa non si pote vivre perché è
stretta tra mare e cielo, tra le montagne ed
il regno dell’acque. Ma entro te porti il suo
consiglio e la sua vita. E s’è vero che non v’è
loco ove poter sopravvivere all’interno, fra
l’odor del pesce e le strette creuze, tra il vanto
ed il mugugno… altrettant’è vero che al di fuori
dei suoi confini, non si pot’esistere.
Senza Lei, lande immense e muri orizzontali su
cui cavalcare la vita, senza sbarre o prigioni,
senza ostacoli e confini. Ma com’è vero che
solo l’omo che nulla Ama, nulla teme,
altrettant’è vero che senza Januam non si pote
sognare. Non han odore i granchi, né color
i cieli, poiché in essi cerchi Lei; E tutti son,
per quanto meravigliosi, solo un pallido
rimembro di ciò che vissi.
Ed allor torni da Lei, con l’esperia del figêu
prodigo, e il cöe batte affinché tu viva, e perché
tu vivi ancor, sei qui. E sotto la porta di Santandrade,
con un gianchetto in cöe, allor tu provi nostalgia
come s’avessi vinto i sette mari, solo per tornar
a provar di Lei i profumi e la vita intiera
che nuovamente t’oltrepassa.