Or a parlar di te, comincio,
o mesto rio,
che arso mostri il letto tuo,
lungi il mare, là nella valle, il monte,
par che alla fonte sete rivolgi,
è nel silente grido, la forza
di correre il secco letto,
nel tacito sciacquio,
rimbomba l'eco delle passate piene,
che fu soave canto,
dalle tue traboccanti sponde.
Or più non s'ode il ribollir dell'onda,
che da limpida sorgente
è diportata, ovè di là le dighe
ha chiuso, il suo ritegno,
or quando apre, del limitar la soglia,
disseta le pietre
del tortuoso fiume.
Io scusa chiedo a te,
o nuovo giorno,
del danno che trascino,
nel cammino dell'acqua
dentro il fiume vuoto
e nella vita mia...
che di dolore
ha pieno il cuore.