Lieve pellicola del film della mia vita
marchio ne reco sulla punta delle dita;
tabula rasa registra ogni segno,
che ogn'ora del tempo si diede convegno
sui tessuti sottili della mia pelle
violando beltade in anguste celle.
Calle e gigli i volti di fanciulle
diafani veli ne preservaron le culle,
sulle mie gote non v'è puro candore:
ma livore, poco ardore, timore e pallore_
ogni raggio m'è d'oltraggio
invida creatura, schiva al maggio,
contemplo la luna, pietosa dea
che nel buio ogni mia cura molcea,
nivea stella imperfetta e incostante
non comparte del sole tracotante
il gusto d'ostentar ogni cosa in minuzia,
ma chiude le tende degl'amanti dall'altrui malizia;
alla mestizia porge parda cappa:
chi piange da solo al ludibrio comune non incappa.
Non di seta fina di levantina fattura
ma canapa annodata snza cura;
non avorio di pregiata origine,
ma tufo livido e sporca fuligine
la veste che mia madre addosso m'ha cucito;
intessuta di dolore fra trama e ordito,
ogni macchia, cicatrice o sutura
lascia memoria ora bianca ora scura.
Nemmeno quel lezio di pudica grazia
che un manifesto rossore al sangue razzia
sulle guance delle belle donzelle
è dato alla mia pallida pelle.
E quindi tinte tenui in ampolle e belletti,
labbra cremisi di superbi rossetti,
occhi bistrati di nero tizzone:
questa maschera indosso, io, in ogni stagione.