Sotto la mia pelle ribollono
flussi di sangue inespressi
che graffiano con nervosi
scatti questa pagina.
Se mi volto sul fianco
opposto alla parete,
la dura medicina
nei momenti amari,
getto l’occhio sul piccolo mondo
che ho provato a costruire.
E più lo guardo, più sento
un’insoddisfatta delusione.
Ma qui ti penso e abbraccio
teneramente il mio cuscino
e stimo buono l’intervallo
del distacco, che la tua vista
m’allontana.
Perciò mi sento invece soddisfatto:
come l’averti è anche
stringerti solo un poco.
Come l’averti è
pressappoco, il soffice contatto
con questo tardo simulacro.
Vorrei amarti, ma
la strada è quella
che dice la luce alle falene
sentiero di complessità.
Eppur presagio
mi sembra questo gioco
a due, questa rinuncia
che al posto della bile nera
si fa teneramente inchiostro.