Delle tre inflessibili dee,
non temo Cloto,
intenta a filare
lo stame della vita,
ne Atropo
che l'esile filo
taglia.
Vita e morte si compensano.
Ma di Lachesi
ho timore,
quando agli uomini
da quello che gli spetta in sorte
e molte volte si diverte
a mutarne il destino.
Coraggio e paura, sfida e impotenza, si intrecciano nel componimento a significare, infine, che non teniamo in mano il bandolo della nostra vita... e che, anzi, il nostro è un "esistere per caso".
Bella ma... molto amara!
Luigia
Nonostante io sia legato indissolubilmente (vedrò se riesco a smettere) a metrica e rime ho apprezzato il tuo componimento. In particolar modo la riflessione sul temere maggiormente il proprio destino della morte stessa. Ma poi nella vita vera è proprio così? Non è forse più facile opporsi al destino che alla morte... e quindi temere la cosa più difficilemte controllabile?
Più Là-che-si... c'è d'aver timore... non per la quantità... ma per la qualità di vita... che l'uomo... che vuol essere padrone del suo Fato... propone..