(In distrazione mi coglie
improvvisa ispirazione).
Sotto il lume di Castore e Polluce,
nacqui un tardo mattino al fin di maggio
in piena eclettica impronta di Gemini.
Forse per questo già allora era in nuce,
il duplice afflato di questo mio viaggio?
Stolti e geniali i presagi degli uomini.
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Vibra il mio verso puntellato antico
in altro luogo si fa zozzo e rotto:
rigurgito, inquieto: sentimenti.
Nella prosa, ugualmente, in ciò che dico
la mente mesce il cuore con il “sotto”,
tal che la leggi e mi dici: tu menti.
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Specchio è lo scrivere: della mia vita,
– nell’infinito infingardo che sento –
fredda, entusiasta, ardita e poi dimessa.
Vago sul dorso del colle: eremita
– perso in me stesso tra fischi di vento –
Della piazza gremita: amo la ressa.
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Vorrei cambiarlo questo guasto mondo,
ancora credo all’idea comunista;
vorrei stessimo tutti: in onestà.
Poi in quello stesso marcio: io sprofondo.
Dentro un amalgama sì qualunquista
neanche ti accorgi della slealtà.
●
Spesso mi vien voglia di “scopare”
ma non riesco a non fare l’amore.
Fuggo… ma amo i legami profondi.
No, ti prego, non lasciarmi andare;
restiamo qui… fondiamoci per ore!
Col cuore e con la carne… in me sprofondi.
●
E così, vado avanti ormai da sempre;
gioisco e soffro assai, perciò sostengo:
l’insostenibile essere duale.
Non falso! Vero ininterrottamente.
Colmo d’ambrosia son… quanto di fango.
Il costo di questo giocare quanto vale?