Cosa rimane del guerriero, stratega dell’intelligenza,
eletto per genio e per impegno, credo di zelo e conoscenza
quando infermità prevale?
Depone lo scudo e il destriero; serra le porte all’arsenale
e cede al giogo.
Torto il corpo, irrigidito, fisso lo sguardo della resa,
vuoto e intimidito tace.
Il ring, l’arena, la sua impresa: un giaciglio di gomma come brace,
in ridotto recinto casa e tetto.
Due tubi di metallo per testate, due sbarre in legno alle fiancate,
candide lenzuola profumate e noi ai piedi del tuo letto,
passivi, e più capaci a niente, aggiorniamo il tuo intimo diario.
Adorato germano a noi diletto, vani al tuo misero calvario,
impotenti ci frustiamo il petto.
Freddo il sole s’allontana, gli ultimi giorni si trascina
di questa scarpinata umana spesa a spezzar la schiena.
Marcata la tua impronta, singolare, rimarrà nel tempo sempre uguale,
forse bizzarra, esuberante, capricciosa, ma nata di un cervello geniale.
(08/05/2009)