Tornanti panoramiche sconnessi rettilinei
asfalto abituale di tante mie notti.
Vivo la solitudine con tutta la sua folla
di passato presente e futuro.
Mi tolgo l’anima
la faccio accomodare accanto a me
e come fosse un passeggero gli racconto;
delle notti buie d’acqua e tramontana
di stelle piccole e più grandi
di giganti di ferro
che trasportano vita e seminano morte
di croci che ieri non c’erano
urlanti adesso di dolore
di piccole volpi e lenti porcospini
di spaventati leprotti e coriacei cinghiali
animali impauriti che disotterrano vita
mettendola in gioco con umani
incuranti della loro e dell’altrui
di squarci di cielo con scie cadenti
che puoi anche parlarci e ti stanno a sentire
di lune civette che toccano il cuore
di mare incazzato o in un piatto d’argento.
di rocce curiose col colore del sangue
di mirti dormienti e ginestre di sole
di listingo arrossato e corbezzolo in fiore
o di un faro accecante che mi sveglia dal sogno.
È quasi un viaggio fatato,
che ormai più non conto
che stupore rinnova alla fine d’ognuno.
Arrivato son’io, e la strada si arreda
con continue luci di città sonnolenta;
che ha fatica si sveglia,
senza avere dormito... senza avere sognato.