Ricordo...
Il professore di Latino, che dopo aver spiegato,
apriva il registro per interrogare:
tra i banchi, un silenzio assoluto
“Eh!, ad uno ad uno,
non c'è bisogno che voi vi affanniate. ”
A volte, invece,
il chiasso andava oltre misura;
il professore così, ci ammoniva:
“Figlioli, se pensaste voi un attimo
alla morte, non fareste più tanto baccano,
voi non sareste più così euforici. ”
Giungeva poi, il professore di Greco;
entrava in aula come messaggero
d'argomenti leggeri
perché eravam fanciulli e non voleva
che a noi si svelasse un mondo crudele
e pur vero. “Fanciulli, ” ci diceva:
“la neve già si scioglie sulle alte quote;
fra poco sarà primavera
e la prima viola ravviserete ai margini
dei rii. ”
Ricordo... Un altro professore,
dall'aria mesta, anch'egli di Lettere;
avrebbe voluto che il suo affetto,
quello verso di noi, si protraesse nel tempo,
oltre, ben oltre la scuola.
Mi avvicinai un giorno e gli dissi:
“Professore, noi le vogliamo tanto bene. ”
Mi guardò con profonda dolcezza
e mi rispose: “Abbi coraggio, figliola;
se mai, ma il ciel non voglia,
ti troverai a fare il mio mestiere,
ricorda: l'amore degli allievi è
molto breve:
è come il sole di marzo:
a volte tradisce
e fa male. ”
E c'era poi il professore
che tutti temevano, quello di Matematica,
delle espressioni e della trigonometria
oh, che orrore...!
Ma era l'ultimo anno:
eravamo più buoni ed era carnevale
perciò un dì di febbraio, l'austero
professore, volle comprarci i coriandoli
e le stelle filanti: voleva essere ricordato.