Muta in oro il tempo
alle porte del ricordo
che nel cuore vive inviolabile.
A chi affidi il tuo momento,
Uomo,
che alla vita ti sveli ingenuo e stanco,
e ne porti l’aspro manto
intriso di gioia e pianto?
Eteree son le dita
che fragili stringono
le redini del nostro universo:
sfuggono impalpabili ad ogni sogno;
vedi forse ancor
divine leggi guidar splendenti
il transitar dei giorni nelle notti?
Nessuno più conduce la tua nave,
volta alla deriva in questo mare,
perché Dio,
sfinito nel naufragio,
ha lasciato al caso il suo timone.
Odi distorta la sua voce
Ora che sperduto negli abissi dell’eterno
Grida straziato invano il nome tuo,
come te anch’egli senza leggi
prigioniero scalzo dell’infinito.