Non conosco la tua origine remota,
se appartieni ad una stella fissa,
la tua lingua barbara dirompe
e si attorciglia al mio stupore
e con esperta padronanza, tieni in pugno
ogni visione.
Non conosco il tuo termine notturno,
dove sia il letto,
se un’ansa di cielo sgombro,
un porto franco di risate e luce.
Hai la pelle forte eppure è neve.
Non conosco le tue spinte,
risorse di vento nell’inconcluso autunno,
scrigno sigillato per il mio silenzio.
Tutto ciò che ho scritto non servirà a nulla,
non aprirà la porta
ne risolve la combinazione in cifre
del tuo entusiasmo.
Distrutta ogni morale, nel mondo,
resteresti la stessa dea indifferente.
Bendata dalla bellezza,
in mano una fuga precipitosa,
vai sola verso la tua meta sorgiva.
E di te non conosco nulla,
se non la scia di gioia che perdi
come ultimo affronto
per me che già scompaio
lontano dal tuo sguardo.