Improvvisamente
l’estate scorsa
qualcuno mi ritrovò
tra ciottoli bianchi
che non avevo più carne addosso
che erano stracci i resti
delle mie ultime vesti
Nel riverbero atmosferico
d’un caldo colossale
s’erano perse le tracce della mia ombra
e qualcuno mi cercò per le salite discendenti
di una città senza nome
senza genti
Nel mio passato esistere
qualcun’altro può ancora giurare
che si intravide un volo tra le rocce
forse un soffio di vento trasalì le foglie
come espressione ridesta delle stelle
-Le stesse fattezze che concessero alla pioggia
d’esser Figlia e Madre generosa
d’ Unico Padre anonimo di nome
d’un pianeta d’indiscusso
colore non colore-
Improvvisamente
nelle mie passate mani
domiciliai apolide
tutte le specie possibili
accontentando la parabola insolita
d’un liquido inoculato
nel percorso istrionico
delle mie vene
sconosciute e viola
Mi è ancora consentito
chiedermi
ma mai risponder con chiarezza
e succederebbe allora ancora meraviglia
di pugni chiusi e urla
tenute per i piedi
un primo pianto devastare l’aria
ed occuparla
per morirne
nata