Tempo è passato,
ma ancora, incontrandomi,
domandi,
perché naufragato sia
il nostro affetto.
Era quell’amore,
che noi chiamammo nostro,
un esile filo,
bagliori di occhi accesi
nelle notti d’estate.
Vestita solo di riflessi di luna,
distesa sul prato e tu
ammaliato, ingordo
di me,
solevi dirmi
che ero maledettamente
bella.
Attimi, lampi di desiderio
e scoprire al mattino
che mi soffocavi l’anima,
come l’afa in un giorno
d’agosto.
Crudele bambino,
m’avevi catturata
nel tuo retino
ed io farfalla
agonizzavo, relegata
nella scatola chiusa
del tuo cuore egoista.
Volai via da te,
prima che lo spillone
mi trafiggesse
e tu, mi esponessi
nella bacheca
delle tue vanità.
Amandomi amavi solo te stesso.
Meglio vivere in solitudine,
che, dell’amore,
conoscerne solo il riflesso.