Non mi pento, signori
di quel che rappresento,
se son figlio del peccato,
se al vostro perbenismo non bado.
Posso amareggiarmi per le conclusioni...
ma dopo tutto passa.
Non è il dolore in se stesso che distrugge
... ma le conseguenze che ne scaturiscono.
Amore, ed amore è ciò che sfugge.
Voi mariti confusi, uomini che tanto amate...
amore è ciò che muore,
che ferisce, che illude.
Amore è parallelo alla morte,
inutile far finta.
Scendo lentamente
nel sole passito della virilità.
Ma la cosa più triste, signori,
è che sono cosciente della mia pazzia.
E questo mi percuote,
mi annienta amabilmente,
e mi da pressione d'infuriarmi.
Toglietevi davanti, despoti scomposti
calate le mani dal calice succulento
ascoltete il respiro del giorno che discende
continuate ad amare l'inefficace avidità
che quello vi è rimasto.