Mi sentivo il cuore all'impazzata
E tutto vibrava all'unisono di un TOC
Bussarono alla porta,
C'era del vento frastornante
E la chioma fluente del sud
Volò via nella romita landa abbandonata.
Fu lì che allora mi disse:
Portati un sacco a pelo
Cammina senza mai fermarti
Solca i rivoli e del fiume le correnti
Con lo sguardo di un'aquila
Sprezzante, indomito ed alto
Fiero di te sorpassa
Il banco di nebbia che sudicio
Mai ti ha lasciato tregua
Sii te stesso senza badare a spese
Non alzarti a strani atteggiamenti
Non pensare di essere speciale
Paga il tuo debito con umiltà
Sii il fuoco del tuo occhio raggiante
Sii l'acqua dell'annegato a poppa
E non aver nemmeno paura
Di fermarti a sosta
Il perché... che anche una pausa
Può essere rinfrancante
Non avevo ancora capito chi fosse
Parlava la lingua del salento
O forse del sardo domatore
Usava gesti arabi e rune del deserto
Su di un cammello suonava
Strane melodie africane
Scorrendo di orienti ad ovest
Ed est occidentali, sapeva il vero
Sapeva d'asfalto di oro e d'argento
Sapeva di amore e di odio
E senza sesso si dimenava
A palesarsi come uomo donna
Fu allora che mi guardai attorno
Non vidi più che un granello di sale
Sospeso a mezz'aria
Tra il cielo e la ghiaia
Non v' erano mari di sabbie, nè deserti
Non v' erano monti, promontori
Non v' erano colli o paesaggi
Qualsiasi vita spariva al suono
Del corno in salita
Viaggiava dal nord saliva dal mare
Ma al suo passo spedito tutto cessava
Senza lasciare traccia
Fu così che mi accorsi
Di non aver più speranza
Dovevo partire,
Mi insegnò la strada
Non capivo chi fosse
Ma allora oramai
Non più importava.