Seduto,
fori all’osteria stavo,
A ber, un fresco vinel che l’oste
compiacente rabboccava,
traendo piacer, da quel fresco venticello
che per le viuzze del centro la sera si incanala,
a rinfrancar dalla diurna calura.
Quand’ecco pigra e goffa una zanzara,
si posò sul mio avambraccio,
facendosi strada tra la folta peluria.
Mi fissò negli occhi, mi puntò e mi punse.
“Ti vedo e ti piango, Zanzara mia.
Spartirem domani,
i postumi di una sbronza. ”