Da un po’ di tempo sto pensando
Quando sarò in cielo parlerò a riguardo
Dio, cosa abbiamo fatto per avere un destino così?
Un peccato per tutti non giustifica sofferenza di bambini, donne e ingiustizie, oppure sì?
Non sono all’altezza io, da piccolo uomo quale sono,
creato come tanti su base progettata,
altro che sabbia.
Preghiera originale questa mia poesia, su carta ora buttata
forse troppo guidata dalla rabbia,
sottolineata dal mio insoddisfatto senso di vissuto che pervade l’anima a me così vicino
da un errato senso del mio io.
Una foglia spinta dalla brezza, da quell’autunno sempre più lungo della primavera.
Ore su ore, giorni su giorni, anni creati per far capire il giusto,
far intenerire l’uomo guardando
quel gesto del sole nascente dopo sera.
Luce nel buio, sguardo nel vuoto.
L’alba zittisce persino il più cinico degli uomini.
Un’immensa, secolare, palla di fuoco,
danzante in un cielo appena acceso da un leggero azzurro
ancora legato al gelo della notte.
Sono uomo quindi peccatore, sono peccatore quindi condannabile,
ma ora, dopo tanto pensare, ti chiedo, sperando di incontrare, la tua mente
ancora così difficile da abitualmente giustificare:
“ Se questo fosse vero,
merito quel calvario, probabilmente, strettamente collegato alla vera natura umana.
Quell’ eterna tortura, troppo crudele, disumana.
È il nostro primo istinto.
La carne è carne, il piacere è piacere, il gustare è rinnegare ciò che tu probabilmente hai predicato?
Non sono perfetto, non sono importante,
ma, ancora adesso mi chiedo
sono vigliacco io a domandare,
o tu giustificando tutto questo odor di male?
Certezza della tua esistenza, io per superbia o per la mia non meritata fede, non possiedo,
ma dubbi su d’un probabile manifestare, è peccato se li vedo?