Quest’autunno piange spesso a scrosci.
E, lungo carreggiate e incolti spazi sorpresi
invoglia rasi nuovi di tappeti di verde…
mentre rami ancora esuberanti di foglie
appaiono non far caso agli acquazzoni
che rubano loro gemme di frutti
per abbandonarli inutili in ristagni
ai pasti del tempo.
L’autunno piange gocce a scrosci
e inveisce con rimbombi
e avverte di taglienti fulmini mattina e notte
a proclamare il suo dominio su giorni
con un vigore che non ricordavo.
Invece in me s’attardano ancora reminiscenze
d’incontri di luce di albe tiepide,
di giallo secco di arbusti arsi di sole,
di odori di intorpiditi e lunghi pomeriggi afosi,
di ferme sere promesse di fresco sollievo
verso stelle invitanti sguardi d’immenso
e di rumori pacati di vita in giardini
che, al contrario, ora paghi di fioriture,
sembrano affievolire di vivacità
sempre più, nei miei occhi pensosi.
L’autunno piange e forse meglio ride
con i suoi ridondanti scrosci…
burlandosi del cielo, temprando ogni cosa
di ore scostanti di nubi e sole sfuggente
nel suo compito di sfiorare svestendo,
consegnare zolle insonnolite all’inverno austero,
a favorire poi di palpiti vergini
il cuore della primavera…
e fiero, durante il capriccioso cammino
saluta così, anche per me, un altro anno che va.