Figli… fogli di giornale che volano nel vento,
scrigni di dolore sepolti in un deserto di tormento,
vorrei leggere il libro sconosciuto della vostra vita senza me,
vorrei scrivere una pagina col sangue e con le mie foglie di te.
Figli… immagini di corse a perdifiato e facce accaldate,
giochi nell’erba sotto il sole cocente dell’estate,
riflessi di luce su onde sconfinate della mente,
vorrei tenervi in braccio e cullarvi dolcemente.
Figli… notti insonni tra pianti, favole e aspirine,
lunghi giorni tra libri colorati e giochi senza fine,
siete cresciuti e l’orologio della vita ha perso le sue ore,
siete cresciuti e un muro di cemento ha sbiadito il suo colore.
Non più uno sguardo, non più una parola anche ferita
per chi un giorno ha deciso di riprendere in mano la sua vita.
Offesi, delusi, sordi alle lacrime e alle richieste di perdono
avete chiuso il vostro cuore a chi un giorno della vita ha fatto dono.
Vagavo per strade sconosciute in cerca di calore,
cercavo in schermi colorati scampoli d’amore;
mi sentivo ormai un padre di cartone
per voi che vivevate una vita di passione.
Adesso che cammino per strade più sicure,
adesso che ho vinto tante mie paure,
vorrei giocare con voi in un giardino immacolato
guardare i vostri occhi e restare senza fiato.
Parlare, parlare della vita e del futuro,
abbattere con sguardi e con carezze il maledetto muro,
ma non ci siete più e io chiedo solo un dono,
di poter un giorno avere una lacrima e un perdono.