V'è nella giungla
una pianta strana,
l'albero dei versi,
si chiama.
Ogni dì delle scimmie,
scrivono sulle foglie,
ciò
che il cuore
a loro detta.
S'aggrega
al gruppo compatto,
un orango, forse
più che orango, uno gibbone,
che prese in prestito
le ali del pavone,
pur se, nel poetare
anche lui trova diletto,
inizia,
i versi delle scimmie
a criticare,
scovandone anche il minimo difetto,
ribadendo, a voce alta, il concetto,
che solo lui, sa scrivere corretto.
L'altro giorno,
tanto per citare,
successe ad una scimmietta,
di scriver versi in tutta fretta,
ma fece qualche ortografico errore,
dovuto più alla distrazione,
che all'ignoranza.
Mi par che si dimenticò d'apporre,
sulla libertà,
l'accento finale, quello sulla a.
Apriti cielo, spaccati mondo,
il gibbone non esitò
a metterla alla gogna,
ricoprendola d'insulti e di vergogna,
si mise poi a sentenziare,
invitando
la scimmia
a mai più poetare.
Ben sappiamo che la prepotenza,
la saccente arroganza,
solo danni produce,
basta pensare alle guerre,
al ventennio del duce.
La scimmia,
i consigli del gibbone
non tiene in considerazione,
prova per lui pietà,
per la sua miseria d'animo,
privo di nobiltà.