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Cuarda la Caremma

'Mpisa, 'bbe cuardu e riu
Spettu 'mme cuardati e ntorna riu
Ogn'annu me 'ppanditi, spicciatu Carniale
Mujerasa me uliti, ma moi 'bbaggiu 'cuntare.

'Rriu te tiempi 'ntichi, vecchi comu lu Criatu
Quando ancora Cristu, certu, nu era natu
E l'ommini spattavene ogn'annu la staggione
Cercavene e sparavene cu 'ssiene spiche 'bbone

Faciene Re nu fessa ca chiamara Carniale
Lu 'mpicavene, bruciavene e nde ticiene male
Le cenereddhe poi cujiene te ddhu pouru spenturatu
E le spargiene tutte a sullu terrenu aratu.

'Mpisa quaranta giurni, osci comu tandu
Alla fine me bruciavene a fiate castimandu
O chiamandu spiriti boni, cu nc'essa l'abbundanzia
Ci 'mbece ssiene tiauli, n'annu te tiscrazia.

Vinne te Cariggesima lu primu giurnu
E me tissera te n'ommu ca cangiava lu mundu
Comu iddhu 'mpisa, versu na Croce quardai
Te tandu le samane cu sette penne cuntai.

Niura e cu le penne 'mpise, moi 'bbe cuardu e riu
Percè qua ssusu m'ha uluta puru Diu
A menzatia spattati cu me sparati a sulla chiazza
Ieu suntu la Caremma: auguri e bona Pasca.

 

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8 commenti:

  • Desio Sicario il 20/02/2011 01:09
    Fantastica! Mi piace molto, è così... folkloristica...
  • Anonimo il 24/02/2010 09:37
    Il suo fascino e' il dialetto, ma la traduzione era necessaria. Grazie. È splendida.
  • Anonimo il 23/02/2010 19:32
    ti ringrazio Fabrizio per la traduzione... riesco ora ad apprezzarla
    bravo.. e complimenti
  • Fabrizio Martello il 23/02/2010 14:04
    Cari amici: La Caremma è una tradizione salentina e non solo. Si appende un fantoccio rappresentente una vecchia per le strade della città, il mercoledì delle ceneri. Vestita di nero, con borsetta, velo ed un'arancia con sette penne del Cappone consumato a Natale: le penne rappresentano le domeniche dalla prima di Quaresima a quella di Pasqua e ogni settimana ne viene tolta una. Il giorno di Pasqua, al termine del periodo di digiuno ed astinenza, viene "sparata" e bruciata a significazione del termine della Quaresima e della nuova speranza di Vita per tutta l'umanità... Essa, si dice, sia la moglie del Carnevale e, per i Gallipolini, la mamma del Titoro (giovane maschera tipica del Carnevale galliplino che muore affogato dalle polpette e pianto nelle strade dalla mamma (appunto la Caremma) e da tutta la città. Ciao, Fabrizio.
  • Anonimo il 23/02/2010 14:03
    Certo che adesso si apprezza molto di più e se ne coglie per intero il significato. Grazie per la traduzione.
  • Fabrizio Martello il 23/02/2010 13:57
    Traduzione in Lingua

    Appesa, vi guardo e rido
    Aspetto che mi guardiate e di nuovo rido
    Ogni anno mi appendete, quando finisce il Carnevale
    Volete che io sia sua moglie, ma ora vi racconto una storia

    Arrivo dai tempi antichi, vecchi come il Creato
    Quando ancora Cristo, certo, non era nato
    E gli uomini aspettavano ogni anno la bella stagione
    Cercavano e speravano che ci fosse un buon raccolto

    Facevano Re uno stupido che chiamavano Carnevale
    Poi lo impiccavano, lo bruciavano e ne dicevano male
    Le sue ceneri poi raccoglievano di quel povero sventurato
    E le spargevano tutte sul terreno coltivato

    Mi appendevano per quaranta giorni allora come oggi
    E alla fine bruciavano anche me a volte bestemmiando
    O pregando gli spiriti buoni, affinché ci fosse l'abbondanza
    Se invece arrivavano i diavoli, era un anno di disgrazia.

    Giunse il giorno della prima Quaresima
    E sentì parlare di un uomo che cambiava il mondo
    Appesa come lui, guardai verso una Croce
    E da allora contai le settimane con sette penne.

    Nera e con le penne appese, ora vi guardo e rido
    Perché appesa qui mi ha voluta pure Dio
    Aspettate il mezzogiorno (di Pasqua) per "spararmi" sulla piazza
    Io sono la Caremma: auguri e buona Pasqua.
  • Anonimo il 23/02/2010 12:43
    le poche parole che riesco a tradurre.. non mi danno il senso della poesia..
  • Anonimo il 22/02/2010 23:03
    Qualcosa ho capito e sarà sicuramente una bella poesia, ma perché non fai anche la traduzione in italiano?

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