Era un rito, dopo la vendemmia.
Il paese si vestiva a festa di voci, colori, umori, sapori.
Un dolce ed intenso profumo si sprigionava dalle casse di legno
dove gonfi occhieggiavano biondi, bruni e rosati
i grappoli d'uva!
Avide mani bambine staccavano le perle dolci e succose
prima di essere gettate dentro al torchio che impietoso
decretava la loro fine.
Si trasformano in succo goloso che copioso scendeva
schiumoso nel tino, mentre i graspi tremanti restavano
nudi, come piccoli alberi in inverno, mani senza più anelli.
Gote rosse dall'aria e l'ebbrezza di assaporare il picciolo
Il mosto, mischiato con l'acqua del tino.
Era una festa anche se quegli insetti con la forbice
attirati dal dolce, dalle casse di legno sgusciavano in fretta.
Oggi quando verso il vino dal tetrapack risento l'eco di ieri.
Quando per fare il vino non servivano i guanti in lattice
dentro a fabbriche asettiche e asettici sentimenti.
Dopo la vendemmia,
una festa che conservo, come vino pregiato,
dentro al mio cuore.