Nella penombra di una quieta stanza
illuminata da una timida luna
che, quasi scusandosi, oltrepassa la finestra
con i suoi pallidi raggi silenziosi,
le mie ancor gelide mani
scivolano sulla tua calda pelle e l’avvolgono
come fa l’edera con la colonna del porticato
illuminato dal sole al tramonto.
I nostri corpi si accarezzano e s’intrecciano
come le due cime di un nodo piano destinato all’eternitá.
Ci stringiamo nell’attesa che cada l’ultima barriera
finché il tuo rigoglioso fiume in piena
possa riappropriarsi del suo profondo letto,
pronto ad accogliere la mia nave emozionata,
ansiosa di risalire la corrente sino alla sorgente.
Ma piú che imbarcazione é un treno
che prepotente percorre la sua strada
alimentato dal tuo crescente piacere,
e con un crescente ritmo incalzante
continua imperterrito, imperterrito continua.
Fino a ché tu, stanca, mi stringi in un abbraccio
che esprime la stessa felicitá di chi,
dopo un lungo ma sublime cammino
attraverso un gioioso bosco a primavera,
raggiunge il lago che si adagia sul verde prato;
e la stessa emozione la regali a me,
invitandomi per mano a distendermi sullo stesso prato verde
di fianco a te ancora uniti indissolubilmente
come lo zucchero che si scioglie nel té caldo del pomeriggio.