In una culla rosa si schiudono i miraggi
ed una bimba ne assapora l'ambrosia, l'intensità.
La rabbia piega le fantasie riposte in un cortile
sulle altalene mosse dal tepore, dalla quiete.
Nei ricordi i giochi, le rincorse, i compagni da abbracciare
ed una promessa, un velo candito sul viso acerbo.
Le paure si trascinano tra le mura dell'omertà
e la pietà si logora tra le lenzuola
che accolgono un angelo tremante,
disteso sotto ad un uomo violento.
Nojoud piange, fugge, si dimena
... è irraggiungibile, è isolata
nelle stanze di una sposa bambina.
Sotto le mani ruvide lo spirito si rialza
e chiede ascolto alla mia assenza, alla mia cecità.
Nell'eco il respiro si fa intenso,
l'orco ne afferra i polsi
e ne consuma il bocciolo...
ne inaridisce il domani...
ne ghermisce l'infanzia...
Nojoud ha smesso di piangere
e la piccola sposa non ha più velo
nello sguardo vivo di una donna in fasce.