Nelle case dei contadini, negli anni del boom economico (1960-'65 circa) i giorni che precedevano il Natale erano dedicati ai preparativi per le imminenti festività.
In cucina la massaia era intenta a preparare i piatti della tradizione, ma la vigilia di Natale lo zelante veterinario, chiamato d'urgenza dal contadino per la bovina nella stalla che stava male, trasferiva i suoi strumenti di lavoro - senza chiedere il consenso di nessuno - sul tavolo della cucina dove voleva preparare le sue "pozioni medicamentose".
In quel mentre la "rezdora", intenta nella preparazione della sfoglia per fare i tortelli del cenone e gli anolini del pranzo di Natale, era improvvisamente alle prese con un gran trambusto...
La vigilia di Natale
la bovina stava male
e così il buon agrario
contattò il veterinario.
Arrivò con la "seicento"
con gli arnesi del momento
si piazzò dritto in cucina
tra la sfoglia e la farina.
La comare inviperita
lo accolse compatita
era il tempo dell'Avvento
pane, vino e cuor contento.
Dalla borsa del dottore
presto uscì un gran fetore:
un intruglio assai speciale
per un caso da manuale.
Invocando Santo Lò
che morì e poi s'ammalò,
la "rezdora" i cappelletti
mise in salvo, poveretti:
eran lì, sopra il tagliere,
così belli da vedere,
ma ahimé! la sfoglia, no,
giù per terra scivolò!
Rossa in viso, esterrefatta,
le tirò un'occhiataccia,
lui così fece fagotto
tra un sorriso ed un rimbrotto.