Ero piccola quando sentivo narrare
di una fiaba
Di una fata cattiva che aveva messo
tutto il mondo in ginocchio
Che aveva provocato morte e orrore,
che in un attimo aveva distrutto
ciò che di bello era stato creato
dall'uomo, ma che era stata chiamata dall'uomo
Aveva dato divise di diversi colori
ma il fine era lo stesso
unico denominatore morte,
parola d'ordine: uccidere
Non esistevano più ponti, case,
non c'era acqua, luce, pane, vestiti,
la sola ricchezza era avere intatta la vita
Questa strega cattiva
aveva calpestato la dignità
ed i diritti delle persone
Ascoltavo, stringendo i pugni, rapita,
impaurita...
Poi, crescendo, ho scoperto
che quell'incubo era una realtà
e che dalle pagine dei libri
uscivano immagini e grida strazianti,
che gli errori dovrebbero insegnare,
e che invece troppo spesso si continua
a sbagliare
Ma in quella favola di allora,
c'era un finale
la fine di un incubo, che doveva essere
un monito, una morale
E quei carrarmati entravano nelle città
non per fare la guerra,
ma per donare dolci e fiori
al posto del rumore delle bombe,
il suono della pace...
Ascoltavo rapita il ricordo di mio padre
bambino, mentre, sul viso
si asciugava una lacrima che faceva posto
a un sorriso
A voi il compito di ricordare diceva
Quella fiaba ogni anno viene recitata
Una fine, che non era la fine di tutto,
ma un nuovo inizio,
questa la sola consolazione
Il 25 aprile,
la liberazione...