Tornammo quell’estate a nostra vita,
la stessa che c’aveva trattenuti,
credetti di finire la salita
ma, quando mi specchiai, quegli occhi muti
riflessero due buchi senza fondo
svuotati dalle storie che lasciai.
Da tanto ormai non so se questo mondo
è ancora quello che mi figurai.
Respiro il giorno dopo e, quando posso,
annuso col rimpianto quello andato,
consunto e quasi sfranto fino all’osso
che dissotterro e interro sfigurato.
Un topo sulla ruota, un cerchio imposto,
girello senza sosta avanti e dietro,
muovo in un senso e pure in quell’opposto,
sospeso nell’acquario contro il vetro.
Da anni parlo poco, penso altrove
e guardo in faccia la malinconia,
confondo il vecchio e il nuovo quando piove,
aspetto nuvole nuove grondanti di poesia.