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Willin
I
La pesantezza del mondo.
Le tristi incombenze.
Il grigiore quotidiano.
Non cambierà.
Ho capito tardi.
Non cambierà.
Non è da oggi che è così.
Ho capito tardi.
Da quando l'ho capito tutto si è complicato.
Tutto è più semplice.
Non ci sarà un'altra storia.
C'è questa.
Che fa proprio pena.
Un altro mondo NON è possibile.
La moltitudine non esiste.
Ci sono solo tanti individui.
Ognuno diverso dall'altro.
Scarse possibilità di comunicazione.
Grandi sproloqui sulla necessità dell'integrazione.
Le sinergie.
Le identità.
Balle.
Ognuno è solo con la sua cartella clinica.
Dita incrociate.
Scongiuri.
Amuleti.
Toccarsi le palle.
Que sera sera, whatever will be, will be.
II
Qualche volta irrompe, imprevista e intempestiva, una necessità di certezze.
Gli scogli della vita quotidiana.
I contrattempi.
La necessità di, almeno, una certezza.
In quei momenti cerco Willin.
Che sarà in uno dei tanti strani posti che frequenta.
Oppure nel solo in cui trascorre le sue giornate.
Un posto che è la sua NoMan'sLand.
Dove c'è solo lui.
Dove non fa entrare nessuno, o quasi.
Chi entra non ha la percezione esatta dello spazio di NoMan'sLand.
Lui introduce ognuno in stanze diverse.
Chi ha visto la prima.
Chi la seconda.
Chi la terza.
Chi le prime due.
Chi una stanza circolare.
Chi una quadrata.
Chi solo tre piccole stanze triangolari.
Chi cinque o sei.
Chi ha visto un fuoco.
Chi ricorda solo l'acqua.
Chi un caldo indescrivibile.
Chi il gelo.
Chi ha visto solo buio.
Chi è rimasto accecato dalla luce.
Chi sostiene che non c'è niente.
Io ne ho viste più di ogni altro.
Io credo di averne viste più di ogni altro.
Molti credono di essere quelli che ne hanno viste più di ogni altro.
Io sono certo di averne viste più di tutti.
Willin me l'ha fatto capire.
È così senz'altro.
III
Ho parlato con Willin.
È stato difficilissimo.
L'impressione che ti lascia è di qualcuno che ascolta.
Ascolta davvero.
E parla.
Non dice molto.
Non dice abbastanza.
Dovrebbe dire di più.
Però parla.
E questo non l'avevo previsto.
Il mio discorso aveva un suo senso compiuto.
Triste ma compiuto.
Inutile ma perfetto nella sua inutilità.
IV
Willin riesce a stupirmi.
Non capisco tutte le parole.
Le poche parole.
Sono più chiari i gesti.
Anche se non sono molti di più.
Ancora di più i percorsi.
E traiettorie.
Non ho mai pensato che sbagliasse strada,
solo che fosse alla ricerca,
del suo o di nuovi pianeti.
Prima poi lo troverà.
Li troverà.
Questo è certo.
Qualcosa trova sempre.
Di solito qualcosa di divertente.
V
Willin ha enunciato una possibile modifica del discorso.
Il discorso si sgretola e si ricompone.
Diverso.
Partito come soliloquio diventa qualcos'altro.
Il futuro del discorso si modifica.
Si complicano le cose.
Al tempo stesso compare un elemento positivo.
Qualcosa pare volgersi al giusto verso.
Ciò che funziona è il discorso stesso.
Le parole si confondono.
Il discorso non è più quello.
È iniziato da una sofferenza.
Che sembra allontanarsi, non è più nel presente.
I'm drunk and dirty,
VI
La semplice possibilità del discorso ha sospeso l'angoscia.
L'ansia di dover parlare e non poterlo fare.
Adesso so che posso.
Allora parlo d'altro.
Cerco di vivere questa sensazione di tranquillità.
Non ho sconfitto la sofferenza.
Può tornare.
Tornerà.
Ci penserò a tempo debito.
Adesso, no.
Adesso preferisco vivere.
VII
Il discorso diventa un altro.
Un discorso condiviso.
Un discorso che non si compie.
Circola in un qualche modo.
Circola almeno in tre modi.
I due discorsi singoli.
Il mio.
Quello di Willin.
Un terzo discorso, comune.
Un discorso che rimane sospeso.
Quello che sottintende un'intesa.
Un'intesa che non è esplicita.
Un'apparenza d'intesa sul discorso.
In realtà una simpatia per i soggetti che parlano insieme.
Forse solo la constatazione che il discorso avverrà.
Un'altra volta.
Adesso, no.
Adesso è meglio vivere questo momento.
Vedere come va a finire.
Se non finisce, meglio.
VIII
Il discorso interrotto diventa improvvisamente urgente.
Tutto si frappone alla possibilità di riprendere il discorso che pare essere inter/rotto.
Rotto dentro.
Qualcosa regge.
Credo di essere io.
Non sempre è vero.
Non sempre sono io.
Un filo disperatamente tiene.
Un filo esile.
A dispetto delle apparenze.
E della realtà.
Niente è come appare.
Resisti.
Ci rivedremo.
Presto.
Non dopo.
Presto.
IX
Un filo impossibile.
Secondo le regole.
Un filo che pare essere meno sottile.
Una telefonata.
Il filo è più solido.
Un caffè.
Un po' più solido.
Improvvisamente di nuovo sottile.
Un'incomprensione.
Un appuntamento che salta.
Sembra che il filo possa spezzarsi.
Poi si riprende.
Un whisky.
Un filo che torna forte.
Una non grappa in un non bar in un non luogo.
Un non luogo nel quale abbiamo tantissimo tempo a disposizione e tante cose da fare.
Una NoMan'sLand.
E poi di nuovo il buio.
A volte improvviso.
X
Un discorso condiviso.
Diviso insieme.
Lontano dal resto degli eventi.
Eppure altrettanto vero.
Più vero.
Le cose esistono se si crede che esistono.
Tutte le religioni, le ideologie, le relazioni tra le persone si basano su un atto di fede.
Le cose in cui credono molti sono folli, spesso orribili.
Io credo che il nostro discorso abbia senso.
Proprio perché non sempre ci capiamo.
Proprio perché non siamo uguali.
Se fossimo uguali non avremmo niente da dire.
Il discorso esiste fino a che ci crediamo.
Il nostro discorso esiste.
XI
Non sempre la cassetta degli attrezzi è a portata di mano.
E poi è disordinata.
La sensazione di soccombere.
La fatica di ricominciare.
Provare a riparlare.
Telefonare.
Quando.
Adesso.
Dopo.
Ho bisogno adesso.
Le complicazioni.
Le cose inopportune.
Le persone moleste.
I guai.
Vecchi e nuovi.
Di nuovi ce n'è sempre.
E i vecchi non vanno via.
XII
Insistere.
Resistere.
Insistere per resistere.
Arrivare troppo presto.
Troppo tardi.
Arrivare da un'altra parte.
Telefonare ancora.
Insistere.
"Non ci siamo capiti".
Riprovare.
"Non capisco".
"Non vuoi capire".
"Avrei voluto un'altra risposta".
"Ho l'impressione che non ti interessa quello che sto dicendo".
Trovare il modo di stare male.
Poi rendersi conto che non ha senso.
Non è così.
XIII
Il filo del discorso è importante.
Le cose rimangono quelle che sono.
Il filo del discorso permette di attenuarne la portata.
Di sottrarsi alle reti dell'ansia.
Per un giorno.
Una settimana.
Un'ora.
Un minuto.
Per poco che sia è la rappresentazione di un altrove che è esistito.
Ci sono stato.
Esiste.
Credo che esista.
Esisterà.
Abbiamo ancora qualcosa da fare.
Per ciò esisterà.
Le grandi soluzioni sono fuori dalle nostre capacità.
Le piccole soluzioni siamo noi.
Il discorso deve continuare.
Il discorso è il modo di andare avanti.
XIV
Io riesco ad ascoltare solo quelli che parlano poco.
Willin parla poco.
Vorrei che parlasse di più.
Però poi in fondo di cose ne dice.
E qualche risultato lo ottiene.
Non sarà il risultato che voleva.
E nemmeno quello che volevo io.
Però è un risultato.
Quasi sempre positivo.
Per ciò insisto.
Per ciò cerco Willin.
Riesce a far sembrare più lievi anche le cose tristi.
Un potere che è di pochi.
Sono tutti così indaffarati a rendere impossibile la vita agli altri...
Per questo insisterò.
Per questo continuo a cercare Willin.
Sono sicuro che andremo ovunque.
Presto o dopo.
Meglio presto.
Che il tempo non è, purtroppo, infinito.
If you give me: weed, whites, and wine
And you show me a sign I'll be willin' to be movin'
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