Da quando sono diventata madre,
ho capito meglio il senso delle leggi universali.
Il nostro Dio è un padre,
le sue regole sono regole di protezione,
perché davanti a lui siamo tutti uguali.
Quando mio figlio fa i capricci
e mi sfida, facendo i pasticci,
lo punisco, mettendolo in un box,
nonostante ha 3 anni,
nel box la sua libertà è limitata,
non amo essere sfidata,
ma ho il dovere di educare,
facendo così nè fisicamente,
nè moralmente,
mio figlio non subisce alcun danno,
ma come genitore devo essere rispettata
e la sua anima ribelle deve essere domata.
Quel posto è bello,
ha il materassino colorato,
i pupazzetti simpatici, che sorridono
e c'è persino una giostrina attaccata,
ma la gabbia è una gabbia,
diventa brutta, se ti costringono
di starci dentro e il castello
del suo orgoglio crolla,
perché lui sa, che tra noi due,
io sono più forte e decido io cosa fare.
Urlare e piangere non lo aiuta,
deve solo riflettere e ammettere,
che ha sbagliato...
che mi ha amareggiato e ha trasgredito
le regole imposte, mettendosi in pericolo,
mi ha ferito e mi ha costretto farlo soffrire
per fargli capire dove ha sbagliato,
la sua confessione è d'obbligo,
per sconfiggere il suo piccolo ego.
Dopo questa piccola penitenza,
mostro ancora la mia resistenza,
finché non mi promette sinceramente,
che non rifarà più la stessa cosa,
lo tiro fuori, lo bacio e lui,
fra le mie braccia si consola e si riposa.
Lo rassicuro, che l'ho sempre amato
e lo amo profondamente,
lo accarezzo dolcemente
sussurandogli all'orecchio tutto il mio affetto,
credo, che essere severi non è un difetto,
ma è un atto di responsabilità e protezione,
voglio per i miei figli
tanta gioia e tutte le benedizioni,
ma li devo abituare proseguire sulla strada
stretta e a volte tortuosa,
augurandogli con tutto il cuore un futuro luminoso.