Tornavi sudato
fra corse e cacce alle lucertole,
ti accoglieva la mamma
con le sue raccomandazioni,
le sue attenzioni.
Tornavamo, fra piccoli e grandi problemi,
ginocchia sbucciate,
come in una caccia al tesoro,
ci accoglieva un piatto caldo,
un rifugio, un angolo del mondo
piccolo ma grande
dove sorseggiare la vita,
mentre il tempo si mangiava via gli anni.
Notti di esami, giorni a rincorrere
felicità e lavori da trovare,
stelle e vette da raggiungere,
noi, soffioni al vento di primavera.
Poi ti accorgi che la vita
è come quell'aquilone che spingevamo
in alto e che vedevamo scomparire,
strappato dalla mano,
che quei pilastri sicuri,
sfumavano nel vento dell'assenza.
Ma se la vita è un vento,
non può disperdere i nostri ricordi,
che ci legano
con un filo sottile, eredità unica
e indissolubile, anche da lontano,
noi, fiori nati dallo stesso stelo.
Oggi, come ieri, a quella tavola insieme,
un altro traguardo raggiunto
come in una gara di biciclette,
tu oggi, i tuoi cinquant'anni.
Ma per me resti lo stesso di ieri
con il fazzoletto al ginocchio,
quando il respiro ti mancava
in quella corsa in salita,
quando già ritornare era trovare
l'isola della felicità,
una caccia al tesoro infinita,
fratello mio,
questa nostra vita.