L'odore di creme coloranti,
pungente e soffocante dell'ammoniaca,
e poi dolce di mela,
di lacca, di balsami, smalti.
L'ambiente pieno di donne,
di chiacchiere e di fotografie
e poi tanti specchi,
vaschette di plastica
e tanti piccoli cerchi colorati,
con le punte che pungevano a toccarli,
i polpastrelli,
che disponevo tutti in fila,
come soldatini,
li trafiggevo con dei puntali
e cadevano per terra.
Era il tempio del gioco,
dei giornali e del rumore,
di aria calda che usciva,
come il treno,
da una galleria,
e faceva volare i capelli,
che si lasciavano domare,
o che spaventati cercavano di
fuggire via,
alcuni staccandosi, altri
già tagliati,
sotto i piedi, per terra.
Mi affascinava quel movimento
leggero, veloce e sicuro,
e quelle punte di forbici
che sfioravano quasi l'orecchio,
non volevo mai sedermi su quella
poltrona, con gli asciugamani
per arrivare a quel getto d'acqua,
che colava dentro la schiena freddo,
o bollente da far venire i brividi,
mentre gelosa dei miei ricci
cercavo, inutilmente di difenderli,
ma poi mi arrendevo.
E seguivo
con lo sguardo mia madre
che leggeva, rilassata,
si lasciava massaggiare
e poi con la veletta in testa,
piena di quei soldatini, i bigodini
si addormentava,
abbracciata dal vortice
di aria calda,
ed usciva "cotonata".
Una voce mi chiamava,
peccato,
era già ora di andare...
ma in tasca, nascosto con me
un soldatino che aveva sfidato
l'inferno di fuoco.
Una voce
che diventa più insistente,
che ha fretta,
è pieno di gente, che aspetta.
... Allora?
Come li tagliamo i capelli?