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IO E LA MORTE

È un paese morto. Strade malinconicamente deserte, aria pesante, spaventosamente tetra. Furtive ombre si sparpagliano e si riuniscono subito dopo, quasi per sentirsi meno sole. Silenzio assoluto, interrotto soltanto da voli di pipistrelli, da rintocchi lugubri di campane. Porte chiuse, finestre sbarrate, occhi atterriti ed impotenti che, dagli usci delle case, spiano lei, signora e sovrana, padrona di tutti noi. Lungo mantello nero, teschio in faccia, bastone per reggersi, curva lei cammina zoppicando e lentamente, sola ed indisturbata. Nessun muro potrà fermare la sua falce. Ha in mano un taccuino verde speranza dove vi sono annotati i nomi e le ore di coloro i quali deve ancora chiamare ed uno nero morte con i nomi di chi ha già rapito con sé! Bambini, continuate il vostro girotondo e ridete di lei che vi sembra così buffa e troppo lontana. Ragazzi innamorati, stringetevi forte l’uno all’altra, mano nella mano, tra sogni e amore, lei non si commuoverà e verrà a prendervi lo stesso. Uomini e donne, accumulate glorie e tesori, lei non si farà comprare e, alla sua venuta, tutto dovrete lasciare. Vecchi, raccomandate le vostre anime a Dio, lei non avrà paura e sarà ancora più vicina di quanto possiate pensare. Gente chiusa nelle vostre case, cos’è questo silenzio? Musica! e scherzate forte, e ridete forte, continuate il vostro ballo in maschera, recitate la commedia della vita ma, sul più bello, tu sentirai bussare alla tua porta.
Inutile ogni tentativo di fuga o di gridare aiuto. Interromperai la danza, toglierai la maschera, abbandonerai la tua dama e le tue damigelle e andrai, nostalgicamente deluso, con lei, più non tornerai. Un istante di silenzio in casa tua insufficiente anche per piangere e poi, immediatamente, lei rialzerà il sipario e riaccenderà le luci, e la musica e la danza, imperterrite, ricominceranno senza più una maschera, la tua. Sì, lei porterà anche te in quel malinconico recinto di foglie morte ed alberi spogli e stecchiti e il tuo corpo straccio, sdraiato si confonderà tra quelli che lì ci son già da tempo. Io, di colpo, evito le braccia di chi vuol fermarmi e scappo giù in strada da solo e le corro dietro. “Perché?”, le grido con disperazione, “perché devo morire? Che male ho fatto per non poter vivere per sempre? Dimmi che ho un’anima, un respiro che vivrà in eterno. Dimmi che il mio sangue non è il liquido d’un automa, che il mio cuore non è un motore, i miei nervi non sono fili sottili uniti tra di loro fatalmente, la mia mente non è un computer. Vedi, io ti parlo, ti sento, io sono felice, sono triste, ho paura, so scrivere una poesia. Ti prego signora sovrana, tu che sei l’unica che puoi, risparmiami, non farmi morire. Io amo un fiore, una coccinella, un bimbo, amo la vita”. Lei si ferma e mi guarda in faccia. È strano ma di colpo non ho più paura. È così naturale osservarla in volto, come se si trattasse di un incontro indispensabile, sembra quasi una figura viva, e pensare che la immaginavo diversa e cattiva. Lei mi risponde: “Va' via ragazzo, tua madre t’aspetta a casa e ricorda sempre, tu potrai anche essere come me per un solo istante morendo, ma io non potrò mai essere come te quando risusciterai in eterno”. Poi mi volta le spalle e, girando l’angolo, scompare. Io rimango confuso, triste e felice nello stesso istante e, piangendo divertito, correndo, torno a casa.

 

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3 commenti:

  • Carlo Caredda il 18/11/2011 00:14
    Claudio ti faccio i miei più sentiti complimenti. La prima sensazione è stata il risvegliarsi in me quel rapporto con la morte che avevo un 10 anni fa. Non trovo niente di triste in ciò che scrivi ma quell'esterno dubbio che la vita ci pone. Vita e morte sono la stessa cosa, ma ciò che secondo me sconforta l'uomo è solamente il fatto che poi non la si potrà raccontare a nessuno ... quindi... spazio alla poesia!! continua così
  • Caterina Siclari il 01/03/2007 14:49
    Quanti volti ritornano alla mente, dopo aver visitato un cimitero. Alcuni, poi, restanno impressi per sempre, come quello di Marietta.
  • Riccardo Brumana il 01/03/2007 12:47
    massimo rispetto claudio, non mollare il tempo guarisce le ferite ma le cicatrici resteranno però. ti capisco.

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