Volgo gli occhi stanchi ed offuscati
al luminoso cielo di stelle coperto
seguo le scie di due astri adagiati
al lento ritmo d'un cuore deserto
sì fosse lucerna che illumina il cammino
o solo cometa che muore in un istante
io che rammento di te a me vicino
e dei tuoi occhi, oh gemma abbacinante
mai voltafaccia fu tanto crudele
di un fato empio e ingannatore
e tu che fosti a me non più fedele
secernendo la linfa del dolore
notti trascorse a rimirare il cielo
rigirando la lama insanguinata
nel cuore ormai avvinto dal gran gelo
trafitto dall'ennesima frecciata
dimenticare il nome tuo fui astretto
e a non parlarne ad essere alcuno
del nostro amor non serberò diletto
di cui testimone rimarrà nessuno
in un cassetto chiuderò il ricordo
del giorno in cui felicità mi prese
per mano mi condusse in un azzardo
dal quale ne usciì sì vecchio arnese
in me serbai il gran segreto
e sparsi il nome ai quattro venti
su di esso apposi quel tuo veto
del ragionar di esseri saccenti
a lungo stretto nell'angusta gabbia
nel silenzioso buio morivo dentro
sfogai impotente tutta la mia rabbia
cosciente di non esser più il tuo centro
ed un ricordo poi s'affaccia invano
appare tutto senza un vero senso
te e me da soli, mano nella mano
così lontano se solo io ci penso.
Ora volgo gli occhi allo stellato cielo
il mio sogno: ormai un ricordo arcano
San Lorenzo s'ammanta del suo velo
cade una stella; ma stavolta cade piano!