Aldo possiede un bravo cagnolino
col pelo lungo e di colore scuro,
che corre quando sente dir Nerino,
perché questo è il suo nome, e v'assicuro
ch'è simpatico, svelto e assai carino,
anche se il pedigree non ce l'ha puro,
ed è capace di qualunque azione
che gli venga richiesta dal padrone.
Come un'ombra gli va ognora appresso,
e quando sta con Aldo è ben contento
di fargli compagnia perché lui stesso
è felice, e gli mostra un sentimento
d'amor, che con la coda viene espresso
in un festoso e lesto movimento
perché gli manca, ahimè, una cosa sola,
cioè l'inaccessibile parola.
Or Aldo deve andarsene in vacanza
con una comitiva di Bologna,
ma non v'è per i cani tolleranza,
pur se curati e senza pulci o rogna,
ed Aldo allor, seguendo vile usanza,
compie ciò che Nerino manco sogna:
al ciglio d'una strada l'abbandona;
a salvarlo verrà qualche persona.
Non sa Nerino che, talora, l'uomo
è il peggiore tra tutti gli animali.
Dal giorno in cui Adamo mangiò il pomo,
ebbero inizio tutti quanti i mali;
spesso l'uomo non fa il galantuomo,
e in quanto a disonor non ha rivali:
conto non tiene della dignità
e agisce senza amore e lealtà.
Tu lo guardasti a lungo il tuo padrone,
caro Nerino, non capendo affatto
quel ch'avveniva, e fosti testimone,
mentre restavi muto e esterrefatto,
d'una spregevole ed abietta azione
che tu, "cane", giammai avresti fatto
e, pur essendo esposto a quella gogna,
di riveder speravi tal carogna.