Tornano gli emigranti
con l'anima in due posti
guardano nuove case
senza storia
con occhi che non coprono
l'infanzia
Osservano la piazza
dove giocarono
con corse e ciotoli
il sogno di partire
ma ormai il ricordo dei passi d'incertezze
lische di pesce sull'asfalto
La madre che volle rimanere
finalmente esce per strada
ha ancora il volto liscio
tranne una profonda ruga
di dolore nel ricordo della "steddha"
Nell'andirivieni
si cercano le mani
dell'antico distacco
ma qualcuna è sul muro
sciolta in un inchiostro nero
sotto la testa china e pesante
di un Dio sofferente
Tira lo stesso vento caldo
che indicò il cammino
e poi si oppose al petto
Recalcitranti
al segno della croce
mentre passa l'icona
i figli si spiegano col rumore
di una lingua diversa
quasi fuori posto
E poi la nuova festa
rituale sagra
come rituali sono i visi
di ispirati ideatori
Radiose luminarie
festoso rincorrersi di bimbi
gli unici, ancora, felici
per giostre e giostrine...
se il tempo avrà pietà.
Dov'è ora la festa?
I fuochi d'artificio
nel porto mercantile
risveglia nostalgie
dell'isola del Campo
è lì che vegliano gli avi
quì mutano solo gli interessi
Nel cielo vicino
i lampi di colori
ognuno per un rancore
alimentato dal fiato delle anime
che trovarono sepolture forzate
... nel mare... irrequiete...
ad attender la cuccagna
e guardarla dagli abissi.
Proteggi Gallipoli Cristina!