Non ho mai capito se era un soprannome
Pardo, il calzolaio del paese
stava seduto sul suo sgabello di legno,
a orario continuato.
Gembiule blu, entrare nella sua bottega
era fare un salto nel passato,
ricordo la foto in bianco e nero
Mussolini, con il braccio alzato.
L'odore forte della colla, di scarpe,
di cuoio, di piedi, le scarpe spaiate,
la confusione, la polvere ed il nero
i lacci da vendere e da buttare, fra suole rotte,
gomma ed alzatacchi, ascoltava la radio,
con gli occhiali sul viso, rosso, sembrava
sempre emozionato, il bottiglione del vino,
suo unico alleato.
Lo osservavo quando con l'ago ricuciva il bordo
con estrema precisione, fischettando solitario
le note di una canzone.
Magro ossuto, come un folletto delle fiabe,
sempre triste, dicevano che cercava ancora
la sua cenerentola, che custodiva nell'armadio
una scarpetta di cristallo, che avesse ereditato
un castello.
Voci di paese, lontane e troppo vicine, fino alla fine.
L'ho visto sparire come in una fiaba,
in bianco e nero, dentro quella foto al cimitero.
Non sorride, sembra guardar lontano, quando
accomodava la scarpa stringendola nella mano.
Il rumore della cucitrice e quella scarpetta di cristallo,
quando avvolgeva la scarpa accomodata nel giornale,
al posto della sua bottega, un ufficio comunale.