Un auto che va
nella notte buia
sfrecciando
per un lungo rettilineo.
Corro
pressando sul pedale dell'acceleratore,
incurante dei limiti
di velocità.
Sono padrone
di quel nastro nero
diviso al centro da una striscia bianca,
a volte continua altre tratteggiata,
un'altra è disegnata sulla mia destra,
al suo fianco degli alberi dall'alto fusto
che, mestamente, arrestano lo spazio percorribile.
Un confine invalicabile.
Dal senso opposto, alla mia sinistra,
appaiono dei fari che scompaiono subito dopo;
respiro una fresca ed umida aria
che però non mi basta.
Il vento che penetra dal finestrino
non riesce a trascianare altrove
dei pensieri
che vorticano entro l'abitacolo...
Arrivo nel lungomare della fu Kefaloidion,
scendo e cammino per il marciapiede, quasi deserto,
inalando l'aria salmastra proveniente dal sottostante mare che,
fermatomi, scruto findove il mio occhio l'afferra.
La luna, bonaria, offre il suo sorriso sulla placida superficie
nella quale mi verrebbe di tuffarmi per farmi abbracciare e,
cullato, trasportare dalla sua carezzevole corrente
in un mondo misterioso ma fantastico
dimentico d'ogni cruccio che, maledettamente, m'assale.