Me lo ricordo ancora
quel primo bacio,
quella visione policromatica di sensazioni,
i respiri affannosi
e il dolce imbarazzo
sconfitto dalla superba voluttà.
Era una serata di vino e musica
e finalmente era giunto quel momento,
oasi in un deserto di rosse illusioni
e roventi dune di delusione.
Quando i nostri corpi si unirono in un lussurioso abbraccio
e la goduria raggiunse vertiginose altezze
io fui felice
non per averti posseduto
ma perchè ero divenuto un tutt'uno con te.
Allora credetti in un futuro con te,
tu mia Musa
non più di tristi canti,
ma di gioia assoluta.
Credevo sarei stato capace di scolpire nel marmo della vita
la quintessenza della felicità.
Ora che le nostre vite prendono direzioni diverse
e la nera ombra del tedio torna a torturarmi,
infilzando le sue grigie lame nelle mie carni corrose
dall'oscuro morbo,
non riesco ad odiarti
come dovrei.
Sei stata Luna nel vuoto della Notte,
Sole nel grigiore di giornate di pena,
Lampione nella nebbia dei bassifondi,
Luce in una vita troppo amara per essere vera.
Ora ti allontani per percorrere la tua strada,
quella che ti condurrà alla vera felicità:
ma scorgerò sempre sul lontano orizzonte,
mentre sulla tavolozza del cielo si mescolano
i cupi colori di un eterno crepuscolo,
quella Luce che hai portato
nell'oscuro e triste regno della mia anima.